Alternanza scuola lavoro? Meglio l’alternanza lavoro scuola

Cobas scuola Venezia - 5 novembre 2017

 

 

La parte più micidiale della cosiddetta “buona scuola” è senz’altro l’alternanza scuola lavoro.

I commi dal 33 al 43 dell’art. 1 della legge 107/2015 rende obbligatorie, per gli studenti del secondo biennio e dell’ultimo anno degli istituti tecnici e professionali, ben 400 ore nel triennio di attività in azienda, in istituzioni pubbliche o private operanti in vari settori culturali, professionali, sportivi o del terzo settore. Per gli studenti dei licei invece le ore nel triennio diventano 200.

 

L’ASL in realtà era stata introdotta dalla riforma Moratti nel 2003 (attuata con il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77) ma la “buona scuola” rende obbligatorio un monte ore spropositato e lo rende requisito indispensabile per poter essere ammessi all’esame di Stato. Dal prossimo anno poi, al colloquio dello stesso esame, gli studenti dovranno presentare una tesina sulle loro esperienze di alternanza scuola lavoro.

La possibilità per gli studenti di avere qualche esperienza nei settori del mondo del lavoro attinenti al loro curricolo scolastico, non è certo disprezzabile, anzi: la scuola della Costituzione, della cooperazione e dell’inclusione qualche insegnamento all’attuale giungla del mercato del lavoro, potrebbe pure offrirlo.

Ricordo qualche anno fa un episodio di razzismo (1) salito agli onori delle cronache in quel di Abano Terme (PD) dove il titolare di un albergo, nel quale alcuni studenti/studentesse stavano svolgendo attività di asl, aveva relegato una studentessa di colore dalla reception ad un ufficio nascosto al pubblico, proprio per il colore della pelle: il tutor scolastico aveva denunciato l’episodio, dimostrando come la scuola possa dare dignità e diritti anche nel mondo del lavoro.

Il problema sta nell’obbligatorietà di un tetto di ore spropositato, che toglie tempo alla didattica, allo studio individuale e alla vita degli studenti.

Nel mio osservatorio del liceo artistico di Venezia, dove insegno, 200 ore nel triennio sono di più delle 198 ore nel triennio di matematica e delle 198 di fisica o di filosofia e qualcuna in meno delle 297 di inglese. Per ragazzi che già hanno un orario settimanale di 35 ore, con due rientri fino alle 16.00 o 17.00 e con tassi importanti di pendolarismo da tutta la provincia, aggiungere l’asl significa che fanno settimanalmente più ore di un metalmeccanico e dopo dovrebbero pure studiare e magari avere pure una vita da giovani cittadini/e.

Il primo anno - il 2015-’16 - quando erano coinvolti solo gli studenti delle terze classi, le scuole sono state costrette ad inventarsi le soluzioni più fantasiose e spesso non attinenti al corso di studi (dal “volontariato” nelle mense della Caritas, al ritagliare mascherine in cartoncino per l’animazione per i bambini nei Musei Civici ad altro, il più delle volte inutile e dannoso per lo svolgimento delle attività didattiche). Quest’anno la cosiddetta innovazione va a regime, con ben 1.500.000 studenti del triennio coinvolti e dalle prime inchieste svolte, le più interessanti da parte dell’Unione degli Studenti (2), rivelano un panorama il più vario: da veri e proprio fenomeni di sfruttamento di lavoro minorile da parte delle aziende, che ne approfittano per non assumere personale regolarmente, ad esperienze inutili e che nulla a hanno a che fare con il curricolo scolastico.

Qualcuno ha pure individuato il business: sono nate parecchie agenzie che vendono alle scuole pacchetti già pronti di attività - pure all’estero -, con pesanti costi per le famiglie (come dire: non solo si lavora gratis, ma pure si deve pagare per avere le ore di asl riconosciute).

Ci sono naturalmente anche esperienze utili, programmate da docenti che - visto l’obbligo per gli studenti - almeno cercano di dare un senso alla cosa, ma il numero spropositato di ore toglie tempo allo studio individuale, impedisce un controllo e una progettazione che si leghi alla didattica in modo corretto.

E’ chiaro l’obiettivo di questo obbligo introdotto da una legge che tutto il mondo della scuola avversa (non ho mai trovato alcun collega che si dichiari d’accordo con la norma, neppure quelli che si sono resi disponibili a fare il tutor, il più delle volte per ridurre il danno agli studenti): educare le future generazioni alla completa flessibilità del lavoro, alla precarietà e al lavoro prestato gratuitamente.

Il tutto si inserisce in quella che qualche studioso definisce economia politica della promessa: devi acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro, tra un alternanza scuola lavoro ed uno stage, un periodo di servizio civile (che Renzi vorrebbe introdurre come obbligo per tutti i giovani, solo un mese però, almeno pare), un tirocinio e un corso professionalizzante - tutto gratis naturalmente - anzi pagandoti le spese -; il tutto poi sarà nel tuo curriculum, nella tua certificazione delle competenze. E’ così, fino a quarant’anni ed oltre, di promessa in promessa illusoria di un impiego, prima di avere un salario vero.

Lo scopo è convincere i giovani che il lavoro non vale nulla, dal punto di vista dei diritti, e quindi può pure non essere pagato.

Prendendola con ironia sembra quasi che stiamo arrivando al traguardo delle lotte della mia generazione che si batteva per il superamento del lavoro salariato: solo che è rimasto il lavoro, ed è sparito il salario.

Del resto neppure il nostro lavoro di docenti vale molto: a parte gli stipendi da fame e bloccati da un decennio (3), la stessa “buona scuola” prevede che i futuri insegnanti vincitori dei prossimi concorsi del 2018, prima di avere uno stipendio ed essere assunti a tempo indeterminato, stipuleranno un contratto di apprendistato per tre anni - pagati, pare, 400 € al mese.

Il tutto dentro l’inganno della lotta alla disoccupazione giovanile, nel nostro Paese addirittura al 40%: l’alternanza scuola lavoro dovrebbe combattere la disoccupazione giovanile, dando ai giovani competenze spendibili nel mercato del lavoro. E allora facciamo lavorare gratis i giovani!

Solo per restare al comparto scuola basterebbe liberare dal cappio della legge Fornero i docenti (più della metà sono ultra cinquantenni e l’11% ultra sessantenni), mandandoli finalmente in pensione, liberando per i giovani laureati posti di lavoro di insegnamento.

Apriamo una campagna contro l’Alternanza Scuola Lavoro

Lo sciopero generale del 10 novembre, l’abolizione del tetto di ore per l’asl sta nella piattaforma, è un primo passo.

Lo scorso 13 ottobre c’è stato un importante sciopero degli studenti contro l’asl, con 70 manifestazioni in tutta Italia, promosso dall’Unione degli Studenti e da altre associazioni e comitati studenteschi.

IMPRESCINDIBILE PER IL MOVIMENTO IMPORRE L’ABOLIZIONE DELL’OBBLIGO DI UN TETTO DI ORE PER LE ATTIVITÀ DI ASL, lasciando alle scuole e ai suoi organi collegiali la libertà di programmare eventualmente attività di alternanza scuola lavoro, senza obblighi e vincoli per l’ammissione agli esami di Stato.

Dico questo perché l’UDS, ad esempio, pur dopo un importante lavoro d’inchiesta che ha smascherato le tante esperienze di asl scandalose in tutto il Paese, facendo emergere su tutti gli organi di stampa la questione, è passata dal raccogliere - nel 2016 - le firme per il Referendum contro la “buona scuola” per l’abrogazione della norma sull’asl (non raccolte - per poco - le 500.000 firme necessarie), a rivendicare una alternanza scuola lavoro degna, con la Carta dei diritti e dei doveri dello studente in asl (prevista dalla legge, ma non ancora varata).

Pure la Ministra Fedeli ha ammesso il problema e invita gli studenti a segnalare le criticità, promettendo il reclutamento di ben 1.000 tutor esterni che dovranno seguire le attività (4).

Anche la Cgil - sponsor politico dell’UDS - è passata dal raccogliere le firme per l’abrogazione ad accogliere centinaia di studenti nei suoi uffici per attività valide per l’asl (5). Del resto ci ricordiamo la Cgil che, da una parte, raccoglieva firme per il referendum per l’abolizione dei voucher e dall’altra pagava con gli stessi i propri dipendenti.

Sostengono che ormai c’è la legge ed è meglio che l’asl la faccia bene la Cgil, piuttosto che qualche padroncino che sfrutta gli studenti, senza alcun risvolto didattico ed educativo.

Senza l’abolizione del tetto eccessivo di ore obbligatorio non potrà esserci alcuna esperienza di alternanza scuola lavoro degna e che abbia un senso.

La ministra Fedeli convoca per il 16 dicembre 2017 gli Stati Generali dell’Alternanza Scuola Lavoro, forse con l’intenzione di offrire una passerella alle aziende del progetto “Campioni per l’Alternanza” (6) e alle agenzie che offrono pacchetti tutto compreso di ore di asl, nate come i funghi annusando il business.

Si tratta di cogliere l‘occasione per aprire, verso il 16 dicembre, una campagna contro l’Alternanza Scuola Lavoro che coinvolga studenti, lavoratori della scuola e genitori, con l’obiettivo di abrogare l’obbligo di un numero esorbitante di ore di asl, lasciando alle scuole la libertà di definire se fare e per quante ore tali attività.

Si potrebbe discutere e deliberare nei collegi docenti, nei consigli di istituto, nelle assemblee sindacali e studentesche mozioni e delibere in tal senso, da inviare al Miur in vista degli Stati Generali dell’asl.

Accanto all’obiettivo finale della campagna, si tratta anche di affiancare una serie di rivendicazioni per ridurre i danni dell’asl, magari dopo una inchiesta scuola per scuola gestita da comitati misti di studenti e docenti, compilando assieme con agli studenti - in assemblee di classe - questionari sulle attività asl che svolgono:

innanzitutto la gratuità per studenti e famiglie; nonostante i 100 milioni annui stanziati dal Miur, nella maggior parte dei casi gli allievi si pagano trasporti, mensa e quant’altro e si tratta di costi che si sommano agli altri per libri, materiali e tutto quello che preclude il diritto allo studio. Si tratta di rivendicare un welfare studentesco, che è ben altro del bonus dei 500 € ai diciottenni;

il lavoro aggiuntivo degli ata nelle segreterie e dei docenti tutor deve essere retribuito: attualmente spesso vengono pagati a forfait e non tutte le ore (con la miseria di 17,50 € lordi per ore di non insegnamento tra l’altro), mentre le imprese ricevono voucher dalla Camere di Commercio per ogni studente impiegato (7).

naturalmente le attività devono essere connesse all’indirizzo di studio e alle attività in classe, indicando un numero di ore massimo da sottrarre alla didattica, includendo però nelle ore asl tutte le attività ad essa riconducibili, penso alle ore di Laboratorio negli istituti tecnici e professionali o nei licei artistici, ma anche agli incontri con esperti, visite aziendali, etc.;

non stipulare convenzioni con imprese che hanno provocato danni ecologici o che non rispettano le norme di sicurezza o con imprese che in tempi recenti abbiano licenziato o ridotto il ricorso al lavoro dipendente; in tal caso il rischio di usare gli studenti in asl come lavoro in sostituzione di personale è ancora più forte.

Vincere sull’abrogazione della norma che impone l’obbligatorietà di un tetto di ore di asl nelle scuole superiori, potrebbe invertire la tendenza che da anni sta trasformando scuola e università in senso aziendalistico, quali “fabbriche” della forza-lavoro, luoghi non più volti alla formazione critica e alla produzione culturale, ma all’avviamento al lavoro, sempre precario e senza diritti al tempo del jobs act.

L’Università sta pure peggio della scuola

I processi di trasformazione in senso liberista dell’Università sono iniziati prima, con la Legge Ruberti del 1990 e proseguiti con la Berlinguer-Zecchino, il numero chiuso, il famigerato 3+2 e l‘introduzione delle lauree brevi (spendibili subito nel mercato del lavoro, secondo i promotori). Anche all’Università ormai da anni gli studenti sono costretti a frequentare ben 300 ore di tirocini nel triennio e 200 ore per la laurea specialistica, anche in questo caso spesso ridotte a prestazioni gratuite di lavoro.

Emblematico di questa deriva dell’Università è il caso dell’Ateneo veneziano di Ca’Foscari, che, accanto alla cerimonia di consegna dei diplomi ai laureati brevi in P.zza San Marco, con tanto di lancio finale dei tocchi, si prodiga in attività di intermediazione di manodopera per le imprese multinazionali. Ultimo caso in ordine di tempo il career-day a favore di Zara, il brand spagnolo del low-cost: 300 studenti e laureati brevi in coda a Ca’ Foscari per presentare il curriculum per diventare commessi nel mega store che Zara sta aprendo in Bacino Orseolo, dietro P.zza San Marco per i turisti, neanche a dirlo in un immobile cartolarizzato dal Comune per fare cassa.

«Richiediamo una disponibilità a lavorare a ritmi frenetici» è stato detto dal personale di Zara in aula a Ca’ Dolfin agli studenti «e con turni pesanti, ma siamo un’azienda meritocratica, che premia chi lavora di più e meglio». (8) Chissà se i neo commessi cafoscarini saranno affiancati o sostituiti dagli studenti medi in asl?

Berlinguer-Zecchino saranno contenti: mentre nel Veneto si lancia l’allarme “Salute a rischio” perché ospedali e paesi sono sguarniti di medici (9), il numero chiuso nelle facoltà di Padova e Verona impedisce la formazione dei giovani medici in sostituzione di coloro che se ne vanno in pensione, l’Ateneo di Ca’ Foscari offre commessi (con tutto il rispetto per il lavoro dei commessi) per la Venezia della monocoltura turistica.

Rovesciamo il banco: Alternanza Lavoro Scuola per tutti gli occupati

La scuola deve formare i cittadini come futuri lavoratori liberi e pensanti, non dare competenze spendibili nel mercato del lavoro precario e flessile.

L’Alternanza Scuola Lavoro rappresenta una gravissima subordinazione dei processi formativi alle esigenze di breve periodo dell’Impresa. Il mondo del lavoro cambia di giorno in giorno, nonostante la Crisi e la scarsa lungimiranza dell’Impresa che, invece di investire sull’innovazione, impone l’abbassamento del costo del lavoro con precarietà, dumping sociale e trasferimento all’estero delle produzioni. L’innovazione tecnologica farà si che tra qualche anno i lavori di oggi non ci saranno più, mentre nella scuola vogliono costringerci alla didattica delle competenze spendibili nel mercato del lavoro e non ai saperi critici.

Le nuove tecnologie distruggono i vecchi posti di lavoro, ne creano di altri, ma proporzionalmente i nuovi che creano sono di meno. Le nuove tecnologie digitali riducono il tempo di lavoro necessario a produrre merci e servizi. E questo vale ad esempio sia per l’Elettrolux, che tra qualche anno farà la produzione di frigoriferi con il 60% di robot e il 40% di operai (10), che per le banche che tra qualche anno avranno la metà dell’organico attuale, anche perché ormai il lavoro del bancario ce lo facciamo da soli on-line (e il tempo che passiamo per fare bonifici e pagamenti da soli non ce la pagano però!).

Piegare la formazione delle nuove generazioni ai bisogni del lavoro che cambia di giorno in giorno è pura stupidità.

Diminuisce il tempo di lavoro necessario, ma la giornata lavorativa sociale invece aumenta, anzi dilata, fino a coprire tutto il tempo di vita. Con le tecnologie digitali ormai - in qualsiasi settore, ma soprattutto nel lavoro immateriale - non c’è più differenza tra tempo di lavoro e non lavoro e le nuove corporations del capitalismo digitale e della gig economy hanno il controllo totale del nostro tempo e dei nostri profili, il tutto esentasse e senza pagare tanti salari.

Urge una controffensiva sul tempo di lavoro, rilanciando contenuti, piattaforme e forme di lotta che, attualmente e stante i rapporti di forza tra Capitale e Lavoro, sembrano inattuabili. Di fronte alla quarta rivoluzione industriale dobbiamo ridurre la giornata lavorativa, rilanciando il “lavorare meno, lavorare tutti”, per ridistribuire il lavoro e il reddito.

In questo quadro dovremmo rovesciare il banco: altro che Alternanza Scuola Lavoro per gli studenti, imponiamo l’Alternanza Lavoro Scuola per tutti gli occupati.

A partite magari dagli insegnanti, la cui formazione, con la “buona scuola”, diventa obbligatoria, permanente e strutturale: rivendichiamo l’anno sabbatico, oppure vogliamo stare collegati alla piattaforma Sofia per racimolare i crediti on line a pagamento?

Obiettivi come la formazione continua, l’anno sabbatico retribuito per tutti lavoratori ogni sette anni (e l’aumento dell’occupazione necessario per garantirlo), dovrebbero entrare nelle piattaforme; non solo per la riconversioni delle mansioni che le nuove tecnologie impongono, ma per formare i nuovi saperi e approfondire i vecchi, necessari ai profondi processi di riconversione ecologica del modello di sviluppo che dobbiamo affrontare, pena il collasso dell’intero sistema e del Pianeta, come la Crisi economica-finanziaria e quella climatica, a questa legata, sta dimostrando.

- http://www.kataweb.it/spec/articolo...

 http://www.unionedeglistudenti.net/sito/

 Per la parte economica del prossimo Contratto - fermo dal 2009 - la Legge di Stabilità pare preveda per i docenti un aumento medio netto mensile di 40€, mentre per i presidi sceriffi della “buona scuola” ben 400 € netti mensili - 10 volte tanto i docenti.

 http://www.gildavenezia.it/arrivano...

 https://www.mbnews.it/2017/09/la-cg...

 Le prime sedici aziende coinvolte – Accenture, Bosch, Consiglio nazionale forense, Coop, Dallara, Eni, Fondo ambiente italiano, Fca, General electric, Hpe, Ibm, Intesa Sanpaolo, Loccioni, McDonald’s, Poste italiane e Zara – si sono impegnate a prendersi in carico 27mila studenti all’anno: moltissimi. Accanto a piccole realtà come Loccioni o Dallara, ci sono multinazionali come Fca, Hewlett Packard o McDonald’s. Quest’ultima, per esempio, ha dichiarato di poter seguire e formare diecimila studenti all’anno.

 Sono in via di pubblicazione, ai sensi del D.lgs n. 219/2016 una serie di bandi delle Camere di Commercio per l’erogazione di voucher alle imprese inscritte al Registro Nazionale per l’asl; insomma, non solo possono usare in molti casi il lavoro gratuito degli studenti, ma vengono pure pagati.

 http://nuovavenezia.gelocal.it/vene...

 http://nuovavenezia.gelocal.it/vene...

 http://mattinopadova.gelocal.it/reg...

 

Da cesp-pd