Cuba Si! Cuba No! Cuba…

febbraio 2017

Cuba divide, lo fa da più di mezzo secolo. Dopo l’apertura diplomatica di Obama, la scomparsa di Fidel Castro e le incognite della presidenza Trump, Cuba torna a far parlare di sé. Occorre fare il punto, perché sull’argomento vi è il rischio di farsi confondere dai rumori delle opposte “tifoserie”.

Demonizzata o esaltata, spesso giudicata superficialmente, oggi occupa uno spazio sempre più confuso nell'immaginario collettivo. Per una riflessione utile, estranea a facili suggestioni e preconcetti, riteniamo sia necessario sforzarci di vedere Cuba nel divenire perché senza una prospettiva storica non si può comprendere il significato di quella eccezionale esperienza.

Cuba ha una storia di dura lotta per l’emancipazione; per liberarsi dallo status di colonia spagnola sono necessari trent’anni di lotta con due guerre di indipendenza, eventi sofferti che producono una cultura nazionale fortemente patriottica e grazie alla eclettica personalità di José Martì, anche dotata di una potente carica ideale. L’indipendenza dalla Spagna subisce la frustrazione dell’ingerenza nordamericana e l’Emendamento Platt, seguito al pretestuoso intervento armato contro le forze spagnole, sancisce il protettorato statunitense sull’isola. La repubblica cubana vive allora tutte le iniquità di un regime democratico retto da un'oligarchia assoggettata agli interessi degli USA.

Il socialismo novecentesco contribuisce ad alimentare le prospettive progressiste che devono però affrontare decenni di lotte politiche nel tentativo di superare sottosviluppo, corruzione e povertà, ma solo la rivoluzione castrista del 59' imprime una svolta decisiva. Il Movimento 26 di Luglio guidato da Fidel Castro Ruz fa la differenza; trascina le varie componenti rivoluzionarie sulla base ideologica di Martì, la coerenza della leadership e la volontà popolare - soprattutto contadina - di riscatto. Travolta la dittatura di F. Batista i “barbudos” reggono la prova del governo e guidano una accelerazione che proclama la natura socialista della rivoluzione e l’avvicinamento all’URSS. Comincia una nuova lotta: la creazione di una società egualitaria sulla scorta dell’esperienza sovietica. L'alfabetizzazione e la riforma agraria sono i primi eclatanti successi.

Quei risultati, però, costano carissimi; dal fallimento dello sbarco controrivoluzionario organizzato dalla CIA a Playa Giròn fino agli attentati degli anni 90’ - una delle vittime di questi ultimi è il cittadino italiano Fabio Di Celmo - la morsa terroristica agisce incessantemente contro gli interessi cubani nell’isola e nel mondo. Ad oggi le vittime di sabotaggi ed attentati sono oltre 3.000 senza contare feriti e mutilati. I crimini terroristici a scopo intimidatorio eseguono anche varie azioni di aggressione biologica, la più nota e vigliacca è quella del 1981 che causa una epidemia di dengue emorragica costata 158 morti, fra cui 101 bambini.

Nel silenzio e perfino con maggiore efficacia, agisce poi l'embargo degli USA, un assedio economico, commerciale e finanziario senza precedenti che dai primi anni 60' strozza l’isola provocando danni incalcolabili e condiziona pesantemente il tenore di vita dei cittadini cubani.

La guerra fredda, tuttavia, non impedisce la creazione di una società socialista.

I successi in ambito scolastico e sanitario sono ormai ampiamente riconosciuti dagli organismi internazionali, ma non ci dimentichiamo che dopo la rivoluzione la metà dei medici cubani espatria e nell'isola ne rimangono solo 3.000, con 16 professori di medicina.

Oggi, Cuba è il paese che ha il più elevato numero di medici per abitanti del mondo (590 ogni 1000.000)! Un risultato enorme.

Cuba diventa così l’esempio di come un paese del terzo mondo può liberarsi dallo sfruttamento di una élite corrotta e dai padroni stranieri. Di come un popolo in lotta può diventare libero di scegliere il proprio destino.

Se i limiti del socialismo cubano, la sua distanza dai traguardi ideali del comunismo possono essere discutibili - si pensi alla incompiuta ricerca di E. Guevara per individuare e superare i meccanismi economici e culturali che riproducono egoismo e individualismo anche in senso al socialismo - è indiscutibile, invece, l'altruismo dimostrato da  Cuba all’estero. Ispirati dai principi internazionalisti, cubani rivoluzionari, soldati e tecnici civili di ogni tipo e grado si sono recati ovunque potessero agire per il miglioramento delle condizioni di vita delle masse popolari senza alcun tipo di tornaconto.

Nel contesto dell’America Latina l’appoggio cubano ai movimenti rivoluzionari negli anni 60' e 70' avviene da protagonista sul piano ideologico, marginale sul piano pratico, a parte la tragica esperienza del “Che” in Bolivia. Solo dopo l’ondata di governi progressisti degli anni 90’ i volontari cubani possono agire numerosi in qualità di medici, insegnanti, ingegneri. Un ruolo che diventa primario in Venezuela nell'ambito della politica bolivarista del governo di H. Chavez. Soltanto il progetto “Barrio Adentro” - “Dentro il Quartiere” - che porta il servizio sanitario gratuito nei quartieri poveri fa intervenire nella fase iniziale (2002) 18.000 medici cubani.

Eppure è in Africa che il ruolo cubano è determinante.

La presenza cubana nel continente africano a fianco delle lotte di liberazione risale al 1963.

Una spedizione militare - e sanitaria - cubana interviene a difesa del neonato governo algerino di Ben Bella, aggredito dal Marocco di re Hassan II nella regione di Tinduf. Due anni dopo vi è la missione del “Che” nel Congo belga, episodio significativo ma povero di risultati. Gli impegni più importanti  maturano nello spazio coloniale portoghese: Guinea Bissau, Angola e Mozambico.

L'intervento militare cubano in Angola scardina l'equilibrio coloniale di gran parte dell'Africa subequatoriale, di fatto procurando la librazione di molti popoli africani. Dal 1975 al 1987 transitano in Angola circa mezzo milione di uomini che combattono a fianco delle forze governative del Movimento Popolare per la Liberazione dell'Angola (MPLA) di A. Neto, aggredite a più riprese da mercenari congolesi e rhodesiani e dai sudafricani col beneplacito dei paesi occidentali. Una epopea di lotte difensive culminate nel 1987 con la vittoria di Quito Canavale - la più grande battaglia campale in Africa dopo la seconda guerra mondiale - che respinge una invasione sudafricana appoggiata dagli Stati Uniti. Il risultato è il riconoscimento definitivo dell'indipendenza angolana e di quella della Namibia - ex protettorato sudafricano - , la liberazione di N. Mandela e l'indebolimento politico del regime razzista di Pretoria, che cade nel 1994. Non a caso, Mandela nel suo primo viaggio fuori dall'Africa (1991) vola a Cuba - accolto come eroe - per riconoscere il sacrificio dei cubani.

Negli ultimi 50 anni sono circa 300.000 gli operatori civili cubani che hanno prestato il loro servizio in Africa, ed ancora oggi sono presenti volontari in 35 paesi del continente. Dal 59' ad oggi sono stati ben 130.000 i cooperanti cubani, attivi in 108 paesi diversi. Certo i  cubani lavorano all'estero come dipendenti statali, formati - gratuitamente - dallo stato, pagati dallo stato e negli ultimi anni ben più che in patria, nondimeno, questi numeri fanno ombra a qualunque realtà volontaristica del “primo mondo”.

 La scomparsa dell'URSS ha generato per Cuba ancora una nuova lotta, quella per la sopravvivenza.

Le enormi difficoltà innescate dal venir meno del principale partner economico  - URSS e paesi dell'Est Europa - unita alla recrudescenza dell'embargo nordamericano, sono affrontate con un periodo di razionamenti energetici ed alimentari, insieme ad importanti riforme strutturali.

E' il cosiddetto “Periodo Especial” (1991-2007). Nonostante una crisi economica di proporzioni tali da rischiare di compromettere il futuro del governo castrista, la lotta viene vinta ancora.

Ma resistere salvando socialismo e indipendenza non è indolore. Diventa necessario passare al  modello socialista di mercato decentralizzato, consentire aperture circa la libera impresa ed accettare un sistema monetario con due valute; il peso cubano CUP o “moneda nacional” e il peso convertibile CUC, cambiato alla pari con il dollaro USA - introdotto nel 1994 per evitare l'inflazione generata dal mercato nero del dollaro, usato anche nelle transazioni internazionali dispendiose, per le merci importate e per le rimesse dei cubani all’estero. Inoltre, per ricavare introiti in valuta straniera, il turismo diventa  la prima attività economica del paese.

Gli effetti collaterali sono riassumibili in una progressiva erosione del sistema egualitario.

Lavorare nel settore turistico o godere delle rimesse di parenti stranieri crea inevitabile squilibrio sociale. I cittadini occupati nel settore privato, per lo più nel settore terziario - turismo e servizi -, ammontano ora a quasi mezzo milione e in virtù di un potere d'acquisto maggiore rispetto al resto della popolazione costituiscono il nucleo di una potenziale classe media che apre interrogativi sul futuro politico dell'isola.

Il contesto geopolitico latinoamericano sta vivendo una fase di grandi difficoltà per i governi solidali con Cuba; Brasile ed Argentina già caduti in mani liberali, soprattutto la crisi venezuelana del governo Maduro che rischia la cancellazione per Cuba del beneficio di energia a basso costo garantita dall'accordo di cooperazione siglato nel 2000. Del resto, tutto l'impianto solidaristico di integrazione sudamericana abbozzato dalla politica bolivariana di H. Chavez, l'Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA) è seriamente compromesso.

In tali circostanze non stupisce un'attenzione da parte del governo di Raul Castro al modello vietnamita di pari passo a sempre maggiori legami con la Cina. Se aggiungiamo la cruda realtà dell'embargo, tuttora operativo, e le incertezze circa gli sviluppi della politica estera di Trump rispetto a Cuba, il quadro complessivo risulta problematico. Ciononostante, il popolo cubano sta dimostrando ancora una volta  un dinamismo vitale, il suo regime socio-politico non è imploso e il governo castrista sembra poter mantenere saldamente la barra del timone in mezzo a questa tormenta, non solo contingente ma addirittura epocale.

Se da un lato sacrifica elementi di socialismo dall'altro lato continua a costituire il riferimento storico sudamericano come esempio di autodeterminazione e di giustizia sociale.

La bandiera cubana ha rappresentato e rappresenta ancora un esempio di dignità e volontà collettiva, perfino di eroismo, vincente. Un esempio unico al mondo nella storia moderna.

Sarebbe disonesto misconoscerlo e sarebbe sciocco disprezzarla perché forse non risponde più ai desideri di qualche orizzonte idealista. Quell’esempio vincente subisce la persecuzione della superpotenza globale da più di mezzo secolo, pertanto, quella bandiera va amata in modo consapevole. Ciò che va superato è un modo superficiale di simpatizzare con la causa cubana, quello che miscela il folklore esotico con aspirazioni ideologiche cucitele sopra da lontano, quasi fosse un'isola utopica. Ma Cuba non è un pezzo di illusione è realtà.

 

 

Flavio Rossi - CIVG