Libia: porre termine alla caccia ai migranti

29 novembre 2012

“ …E’ stato difficile prima della guerra, terribile durante la guerra, ma oggi è peggio..”(Un lavoratore nigeriano, in Libia da più di 5 anni, rinchiuso in un campo da oltre 5 mesi)

In un momento in cui la situazione in Libia non sembrava ancora stabilizzata, la FIDH (Federazione Internazionale Diritti Umani), Migreurop, e la JSFM ( Justice sans frontières pour les migrants) hanno pubblicato un agghiacciante rapporto sulla situazione dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia, in particolare di quelli originari dell’Africa sub sahariana. Il rapporto rivela le violazioni flagranti e generalizzate dei diritti umani fondamentali, di cui sono vittime gli immigrati, caduti nelle mani di milizie fuori controllo. Vi è anche un’analisi critica del ruolo dell’Unione Europea e dei suoi stati membri nella definizione e nell’implementazione delle politiche sull’immigrazione in Libia, mentre nuovi accordi di cooperazione sono in via di negoziazione e l’obbiettivo della gestione dei flussi migratori continua ad essere prevalente rispetto alla protezione dei diritti umani. Tutto questo emerge da una missione di ricerca, condotta nel giugno 2012, nel corso della quale membri delle nostre organizzazioni hanno visitato 7 campi di detenzione, a Tripoli, Bengasi e nella regione di Djebel Nafoussa. Polo naturale d’attrazione per le migrazioni intra-africane In Libia, prima della guerra, i lavoratori migranti e le loro famiglie costituivano circa un terzo della popolazione.

Il conflitto ha provocato un esodo massiccio, in condizioni che sono state documentate da un precedente rapporto della FIDH. Oggi il paese attraversa una fase di ricostruzione, per cui attira nuovamente i migranti. “ Solo una ristretta minoranza cerca di raggiungere l’Europa: sono essenzialmente persone in fuga dai conflitti o dalla repressione nel Corno d’Africa, in cerca di una forma di protezione internazionale, che la Libia non può offrire, dato che non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951, relativa allo status di rifugiato, e non possiede alcun sistema di asilo”, ha dichiarato Messaoud Romdhani, vicepresidente della Lega Tunisina dei diritti dell’uomo. E’ stato fornito alla missione di ricerca l’elenco delle intercettazioni avvenute nel Mediterraneo ad opera della guardia costiera libica: esso conferma che la quasi totalità delle persone intercettate necessita di protezione internazionale. Migranti in balia delle milizie Per i migranti dell’Africa sub sahariana che entrano in Libia dalla frontiera sud il viaggio è particolarmente pericoloso: cadono spesso vittime di reti di trafficanti, di estorsioni di denaro e di violenze, vengono abbandonati nel deserto o respinti alle frontiere. In Libia gli stranieri considerati “illegali” rischiano di essere catturati ai posti di blocco, o arrestati nelle loro abitazioni o sul posto di lavoro da gruppi di ex-ribelli (Katiba), al di fuori d’ogni controllo delle autorità governative. Si tratta di arresti discriminatori, e i migranti dell’Africa sub sahariana sono i primi ad essere presi di mira, sulla base di un radicato razzismo. Il dirigente di una Katiba denominata “Libia libera” ha dichiarato alla delegazione: “ La cosa principale oggi è ‘far pulizia’ nel paese dagli stranieri che non sono in regola, e metter fine alla pratica in uso con Gheddafi di lasciare entrare molti africani in Libia. Non ne possiamo più di questa gente che ci porta malattie e commette crimini.” Detenzioni arbitrarie e illimitate Migliaia di migranti si trovano oggi detenuti in campi gestiti dalle Katiba, senza alcuna prospettiva di soluzione legale o di possibilità di ricorrere ad istanze nazionali o internazionali. “Le condizioni di vita in questi campi sono inumane e degradanti. Le celle sono sovraffollate, le uscite all’aria aperta sono un’eccezione. I detenuti sono quotidianamente sottoposti all’arbitrio e alla brutalità delle guardie”, ha dichiarato Sara Prestianni, membro di Migreurop e di JSFM. “Abbiamo anche rilevato che dei datori di lavoro esterni, con la complicità delle guardie del campo, reclutano detenuti per lavorare nei cantieri o nelle campagne. Questi metodi di reclutamento si avvicinano ai lavori forzati: i migranti non sanno per quanto tempo dovranno lavorare, né se verranno pagati”, aggiunge Geneviève Jacques, membro dell’Ufficio Internazionale della FIDH. Responsabilità dell’Unione Europea e degli stati membri Nei campi di detenzione la delegazione ha incontrato persone che sono state rinchiuse dopo essere state intercettate su imbarcazioni di fortuna nel Mediterraneo. Le loro testimonianze lasciano supporre che i respingimenti verso la Libia proseguano, in violazione delle norme internazionali (citate in una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Hirsi vs. Italia, 23 febbraio 2012). Il rapporto evidenzia inoltre che la Libia è stata inserita nel sistema europeo di esternalizzazione dei controlli di frontiera, teso ad impedire gli arrivi dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo sul territorio europeo, e che tale sistema è in via di rinnovo nel quadro dei negoziati con le nuove autorità libiche. FIDH, Migreurop e JSFM rimarcano la corresponsabilità della Libia, dell’Unione Europea e dei suoi stati membri, come anche degli stati d’origine dei migranti, e avanzano le seguenti raccomandazioni: Alle autorità libiche . Porre immediatamente fine agli arresti e alle detenzioni arbitrarie perpetrate dai gruppi di ex-ribelli, e riprendere il controllo delle questioni connesse all’immigrazione. . Chiudere immediatamente i campi di detenzione per migranti, luoghi in cui le condizioni di vita costituiscono una violazione della dignità umana . Regolarizzare la posizione amministrativa dei migranti detenuti che intendono lavorare in Libia . Vietare immediatamente le pratiche di “lavoro forzato” . Elaborare una politica migratoria che rientri nel quadro di uno stato di diritto e del rispetto del diritto internazionale, segnando una rottura con le politiche repressive, criminali e illegali del periodo precedente All’Unione Europea e ai suoi stati membri . Sospendere tutte le attività di cooperazione in materia migratoria con la Libia, in assenza di misure di garanzia della protezione dei diritti umani in quel paese . Rinegoziare gli accordi di cooperazione nel pieno rispetto del diritto internazionale ed europeo in materia di diritti dell’uomo, e renderli pubblici . Rinunciare ad ogni misura che tendesse a, o avesse l’effetto di impedire ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati presenti sul territorio libico il pieno esercizio dei propri diritti . Interrompere la politica di esternalizzazione del controllo delle frontiere nei paesi vicini, in particolare in Libia . Infine, garantire il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale nella conduzione delle proprie politiche relative all’immigrazione Agli stati africani d’origine dei migranti . Vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali dei propri cittadini emigrati in Libia e garantire la loro difesa e protezione nel caso di violazione di tali diritti . Esigere dalle autorità libiche il rilascio dei propri cittadini dai campi di detenzione, dove sono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, e la condanna di ogni pratica e comportamento xenofobo nei confronti dei provenienti dall’Africa sub sahariana

Da FIDH ( Federation International des Droit de l’Homme)

Traduzione di Cristiana C. per CIVG.it