Me l’ha detto il fiume - Lettera di Laura Zuñiga

 

Bertha Caceres, mia madre, la mia mamma, era la lotta in cammino, con tutte le oppressioni addosso, caricando sulle spalle le sofferenze che questo sistema impone ai poveri, agli indigeni poveri, alle donne indigene povere.

Bertha, capace d’indignarsi innanzi a ciascuna delle ingiustizie del mondo, contro di esse si ribella e combatte. Per questo acquisì un’integralità di pensiero, riuscì a comprendere che il capitalismo, il patriarcato e il razzismo si combattono congiuntamente.

Ricordo, come se l’avessi vissuto, la bambina dai lunghi capelli, col mal di denti, che portava nascoste le lettere con le informazioni che avrebbero contribuito alle lotte in Centro America, in particolare alla lotta di El Salvador, intorno agli anni '70. Ricordo pure la ragazzina, con niente da mangiare, in cerca di lavoro nelle maquilas (*), lavoro che le fu negato per il fatto di essere incinta. La ricordo quasi ancora bambina, senza cibo, gravida, in un quartiere marginale di una città sconosciuta, contribuire alla lotta come poteva. Il capitalismo si era espresso nella sua pienezza. Ricordo anche la donna decisa a non avere più figli, ma il sistema le disse che non poteva decidere sul suo corpo, che doveva partorire di nuovo. Il patriarcato si era fatto presente. La ricordo con un braccio livido, questo ricordo sì l’ho vissuto, la polizia l'aveva picchiata. Gli indigeni e le indigene non hanno diritto a lottare per la propria terra. Il razzismo si era manifestato.

La ricordo forte, potente, immensa, infinita, lottando contro i megaprogetti che s’impadroniscono dei territori indigeni Lenca, contro i picchiatori e aggressori di donne, lottando contro i governi corrotti, contro colpi di stato, solidarizzando con chi lo necessitasse. La ricordo in tanti modi, senza paura, ridendosela, scherzando, umana, mettendo alle corde tutti coloro che la volevano fermare.

Questo paese tanto colpito, con basi militari nordamericane, con il 30 % del territorio dato in concessione alle multinazionali, imprese che s’impadroniscono dei territori ancestrali, con progetti come quelli delle zone di sviluppo - ZEDES - che sono le nuove forme di colonialismo, con la vendita di ossigeno - RED PLUS - che sono la privatizzazione dei boschi, coi più alti tassi di povertà, violenza, femminicidio. In questo paese il dolore fa piovere rabbia, perché hanno rubato le braccia di Berta, mi hanno rubato le braccia della mia mamma. Questo paese, che è l'umanità stessa, si rifiuta di rassegnarsi a questo assassinio.

Per questo paese ha combattuto Bertha Caceres, perché la mamma lottava per il mondo. S’infervorò per la sua terra, dov’è il suo popolo Lenca, le sue radici; inorridì per i modi sinistri e violenti con cui l'imperialismo opera qui, per gli esperimenti che compie.

La mamma, la mia compagna di lotta, Berta Caceres era un intralcio per il sistema, perché la sua chiarezza politica, la crescita costante del suo discorso e le sue realizzazioni non avrebbero permesso, non permetteranno, di muoversi liberamente alle imprese estrattive saccheggiatrici, al capitalismo sfruttatore, al razzismo schiavista, al patriarcato violento, all'imperialismo assassino.

LEI, la mamma, la signora, la comandante, la mia mamma, Berta Caceres con tutte le oppressioni addosso si ribella alla morte, penetra nel cuore di un popolo che non ha confini, Berta si è moltiplicata e non v’è assassino che la possa uccidere.

Berta la moltiplicata, Berta la semenza, Berta seminata, Berta eterna, Berta immensa, mamma infinita: il fiume già ce lo ha detto, TRIONFEREMO.

 

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(*) Le maquilas sono manifatture di assemblaggio, in genere di prodotti di vestiario, per conto di imprese straniere, poste in zone franche che godono di esenzioni fiscali, svincolate di fatto dal rispetto delle norme lavorative e sindacali, con manodopera (in maggior parte femminile) supersfruttata, sottopagata e maltrattata.

 

Traduzione a cura di Adelina Bottero