“Gli Stati Uniti non lasceranno tanto presto l’Ucraina”

11 Ottobre 2016

 

 

Intervista a Anatoly Kryvolapov, redattore capo del giornale del Partito Comunista di Ucraina

a cura di Hugo Janeiro

In un’intervista concessa nel corso della Festa di Avante!, il redattore capo del giornale del Partito Comunista di Ucraina – messo fuorilegge dalle autorità ucraine –, Anatoly Kryvolapov, riferisce sulla situazione che si vive nel paese dopo il colpo di Stato del febbraio 2014 e la conseguente installazione di una giunta governativa di stampo fascista.

Il colpo di Stato ha installato in Ucraina una giunta governativa di stampo fascista. A che punto è la situazione?

La storia degli eventi ci dà un’idea di chi sono gli attori e gli interessi in campo, ed essa è iniziata prima del 2014. Già nel 2013, in alcune regioni dell’Ucraina, le forze cosiddette nazionaliste avevano cominciato ad occupare sedi amministrative e depositi di armi, compresi alcuni con missili terra-aria. Dico ciò perché si capisca da dove viene e dove è andato, in parte, l’armamento che le milizie fasciste possedevano durante il golpe di novembre 2013-febbraio 2014, e quello che ancora oggi conservano. Stimiamo che in totale abbiano a loro disposizione circa nove milioni di armi da fuoco di vario tipo.


Agli avvenimenti del Majdan, non hanno partecipato solo i gruppi fascisti, che allora hanno acquistato visibilità, ma anche una parte della popolazione che era stata conquistata dall’opposizione al governo, particolarmente i giovani entusiasmati dall’adesione all’Unione Europea. Si è trattato di strati della popolazione eccitati dalla campagna di odio anticomunista, antisemita, anti-Unione Sovietica e anti-Russia.

Per comprendere gli attuali eventi in Ucraina, dobbiamo tornare indietro al periodo in cui clubs di fans di calcio cominciarono ad essere infiltrati da fascisti che, a loro volta, hanno conquistato la gioventù all’armamentario di idee di [Stepan] Bandera (collaborazionista con l’occupazione nazista durante la Seconda Guerra Mondiale e considerato il fondatore del “nazionalismo” ucraino).

Al principio le autorità, compresa la FIFA, avevano reagito. Con il passare del tempo, le manifestazioni fasciste negli stadi di calcio e all’esterno di questi sono andate aumentando, mentre la reazione delle autorità diminuiva. Si cominciò a parlare con insistenza di giovani “nazionalisti”, che ricevevano addestramento militare in Polonia, negli stati del Baltico e nelle regioni occidentali dell’Ucraina.

Ho personalmente assistito a casi in cui i funzionari di polizia allontanavano gli agenti dal Majdan. Interrogati, mi hanno risposto che i miliziani sul Majdan avevano pallottole, mentre loro disponevano solo di proiettili di gomma. Ciò succedeva poche ore prima degli scontri culminati nella caduta del governo [di Viktor Yanukovich, il 21/22 febbraio 2014].

Non possiamo dimenticare, inoltre, che il governo di Yanukovich, prima della violenza sul Majdan, aveva concordato e sottoscritto i termini della tregua proposti da Polonia, Germania e Francia. Qualcuno, non europeo, ordinò a [Arseniy] Yatsenyuk (che sarebbe stato designato primo ministro il 27 febbraio 2014) di non rispettare l’accordo, e costui intervenne alla tribuna del Majdan esortando alla continuazione della rivolta armata.

Dopo la fuga di Yanukovich, il comando politico-militare si sciolse definitivamente. Le truppe furono disperse e i golpisti, in particolare Aleksandr Turchinov [del partito dell’ex primo ministro Julia Timoshenko] assunse il potere (fu nominato presidente ad interim il 22 febbraio dal parlamento in una votazione tumultuosa). Iniziò allora a impartire ordini “ufficiali” a Yarosh [Dmitry], leader dei paramilitari nazi-fascisti del “Settore Destro”, a cui il nuovo potere ha aperto le porte perché lo ha aiutato a conquistarlo.

Il “Settore Destro” fu mobilitato immediatamente nel Donbass. Gli fu chiesto di intervenire con il pretesto che la popolazione locale si rifiutava di parlare ucraino. Si utilizzarono argomenti folli sulla base di una presunta minaccia russa, che sono serviti perché l’Ucraina ricevesse molti milioni di dollari di “aiuto estero”. Non dimentichiamo che la signora Victoria Nuland aveva affermato che gli statunitensi avevano già investito circa 5 miliardi di dollari nella “democratizzazione” dell’Ucraina. Un investimento di queste dimensioni conduce a una sola conclusione: gli Stati Uniti non lasceranno tanto presto l’Ucraina. E dopo è intervenuto il problema della Crimea…

Che ha determinato il coinvolgimento della Russia negli eventi…

In Crimea la Russia aveva un effettivo militare pari a quello dell’Ucraina dai tempi dello smembramento dell’URSS. Molti militari ucraini che stavano in Crimea hanno rifiutato di obbedire agli ordini di mobilitazione di Kiev in altre regioni del paese. Se torniamo un poco indietro nella storia, ci accorgiamo che la Crimea divenne parte dell’Ucraina solo nel 1954 per decisione di Krusciov.

La cosa importante, però, è che quando esisteva L’URSS, il contenzioso sulla Crimea [tra le repubbliche di Ucraina e Russia] non aveva senso. E’ stato solo dopo il cambio di potere in Ucraina quando gli Stati Uniti  hanno intravisto la possibilità di installare basi e un contingente militare, che la questione ha assunto i contorni bellicosi.

I dirigenti occidentali pretendono di ignorare che in Crimea si è svolto un referendum, e che il suo risultato è stato in modo schiacciante per l’integrazione della penisola nella Federazione Russa. Un suffragio e un processo che hanno adempiuto a tutte le procedure legali.

In seguito, si è manifestato il conflitto nelle regioni russofone dell’Ucraina Orientale, dove si sono autoproclamate repubbliche autonome. I combattimenti nel frattempo si sono interrotti, ma rimane l’impasse. Esiste una via di uscita?

Se l’accordo di Minsk, che comprendeva il ritiro delle truppe dalla linea del fronte, fosse stato rispettato da Kiev, in questo momento saremmo più vicini alla pace. C’è ancora tempo perché [gli accordi di Minsk] siano rispettati, anche se i mezzi di comunicazione sociale insistono sul fatto che sarebbero superati. E si capisce perché lo fanno.

Naturalmente gli USA devono essere disposti a negoziare. A giudicare dagli eventi degli ultimi anni in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria e nello Yemen, in cui le conseguenze delle guerre promosse da USA/NATO sono sotto gli occhi, è il caso di stare in allerta e apprensione.

Gli Stati uniti hanno già basi missilistiche in Romania, nei paesi del Baltico, in Polonia, e progettano l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Cerchiamo di essere chiari: per motivi di sicurezza, la Russia non potrà mai accettare la possibilità che gli USA/NATO installino missili nella regione orientale dell’Ucraina, e per questa ragione, per Mosca cedere [all’avanzata di USA/NATO] non è accettabile.

Una delle misure adottate dal governo golpista dell’Ucraina è stata la messa al bando del Partito Comunista di Ucraina (PCU). A che punto si trova il processo?

La decisione di mettere fuori legge il PCU non è ancora definitiva. Certamente ci troviamo in una situazione molto difficile. Le milizie fasciste hanno campo libero per perseguire e aggredire militanti e dirigenti del PCU.

Sul piano giudiziario e della campagna di intossicazione dell’opinione pubblica, negli ultimi due anni abbiamo assistito all’invocazione dei più diversi argomenti a favore della nostra messa fuori legge. Contro di noi sono stati imbastiti più di 400 processi. Il direttore del nostro giornale, insieme ad altri dirigenti, è stato arrestato.

E’ dal momento del rovesciamento violento del governo ucraino, nel 2014, che il PCU lancia l’allarme in merito alla situazione economica che è andata aggravandosi, in particolare dopo gli accordi di “aiuto” stipulati con il FMI e l’UE. Che cosa comporta tutto ciò?

L’Ucraina ha cessato di vendere i propri prodotti agricoli e alcune delle terre più produttive d’Europa si trovano in stato di abbandono. Quelli che resistono, lavorano quasi esclusivamente per il loro sostentamento.

L’obiettivo di questa politica e di lasciare libere le terre per le multinazionali. Ci sono anche già alcuni casi in cui grandi imprese agro-alimentari si impossessano di proprietà e costruiscono infrastrutture prima ancora che siano concesse le licenze previste. C’è persino chi arriva a sostenere che lo sfruttamento di quelle vaste aree di territorio contribuirà… a far cessare la fame nel mondo!

Noi comunisti ci siamo sempre opposti ai processi vendi-patria. In questo momento, tale opposizione è più difficile da concretizzare e allargare.

Nell’industria, si stima che circa il 20 per cento della capacità installata sia stata già distrutta, compresa la tecnologia più avanzata. Per gli USA, l’Ucraina deve essere solo un paese agricolo. In diverse città dell’Est del paese, grandi fabbriche che impiegano circa 50.000 operai e altri lavoratori, sono sotto la minaccia della chiusura. Per esempio, il maggiore impianto automobilistico d’Europa.

Credo che ciò permetta di capire non solo il conflitto in Ucraina, ma anche che il nostro paese si trova sotto occupazione degli statunitensi e che è soggiogato ai loro interessi.

 

da avante.pt   -   Traduzione di Marx21  - da marx21.it