“No al Decreto sulle normative in materia di foreste; basta tagli di alberi che aumentano l’inquinamento atmosferico”

19 febbraio 2018

 

L’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Italia e il Gruppo di Ricercatori e Scienziati di Energia per l’Italia esprimono la più profonda preoccupazione per la recentissima approvazione da parte di entrambi i rami del Parlamento del Decreto Legislativo “Disposizioni concernenti la revisione e l’armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali” in attuazione dell’articolo 5 della legge 28 Luglio 2016, n. 154 ed attualmente alla firma del Presidente Mattarella.

 

Il D.Lgs favorisce in modo incondizionato e sistematico il taglio esteso di boschi ed aree, fino ad oggi protette, per l’utilizzo delle masse legnose a fini energetici nelle centrali a biomasse. Tale pratica comporterebbe inevitabilmente un ulteriore aggravio dell’inquinamento atmosferico con ricadute negative per salute della popolazione italiana, dimenticando che l’Italia, con 90 mila morti premature all’anno sulle 487.600 del continente europeo, è ai vertici di questa triste classifica e per questo sotto procedura d’infrazione.

Già oggi in Italia le biomasse solide sono responsabili di circa il 70% del PM2,5 primario, che rappresenta (dati ISPRA) circa la metà del PM2,5 totale, responsabile di 59.630 decessi prematuri ogni anno secondo l’UE. Si può stimare quindi che la combustione di biomasse in Italia sia responsabile, considerando le sole emissioni di particolato, di numerosissime morti premature, di ricoveri per patologie acute (soprattutto negli esposti più suscettibili come bambini e anziani), di alterazioni della fertilità, della gravidanza e del periodo perinatale e di numerose patologie croniche (soprattutto cardio-respiratorie, metaboliche e neurologiche) per le quali è ormai riconosciuto un importante ruolo causale per questo inquinante atmosferico. Agli effetti delle emissioni di particolato andrebbero aggiunti gli impatti ambientali e sanitari da emissioni di composti organici clorurati, VOCs, IPA, metalli pesanti, spesso non adeguatamente monitorati e, in alcuni casi, persino non normati.

E’ quindi veramente paradossale che, di fronte al problema dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità e fertilità dei suoli, dei recenti devastanti incendi di cui sempre più, dal Nord al Sud, si sospetta il legame criminale con le centrali a biomasse*, invece che conservare gli alberi esistenti e piantarne altri, se ne incentivi il loro abbattimento.

E’ dimostrato che lasciare boschi e foreste alla loro evoluzione naturale ne favorisce la ricchezza in biodiversità ed anche in ambiente urbano la presenza di alberi aumenta il benessere psicofisico delle persone, contrastando anche patologie degenerative quali Parkinson e Alzheimer.

Un’assurda interpretazione delle “energie rinnovabili” porta ancora una volta a incentivare i processi di combustione (biomasse, biogas, biometano, rifiuti…) piuttosto che la sola, vera energia rinnovabile rappresentata dal sole e dai suoi derivati (vento, onde, maree). Si dimentica che aumentare la fertilità dei suoli restituendo alla Terra il materiale organico ottenuto da compostaggio – e non certo il digestato da impianti a biogas- aumenta il sequestro di Carbonio dall’atmosfera, nonché biodiversità e fertilità dei suoli, contrastando in modo determinante anche i cambiamenti climatici. Chiediamo che vengano finalmente ascoltati gli appelli che da anni autorevoli Ricercatori, Scienziati e Giuristi rivolgono ai decisori politici** e che si aprano Tavoli Tecnici con esperti indipendenti nel settore dell’energia.

Rivolgiamo quindi un vibrante appello al Governo affinché non adotti – e al Presidente della Repubblica affinché non firmi – questo disastroso Decreto legislativo, ricordando che boschi, suolo, paesaggio sono Beni della Collettività e come tali salvaguardati dalla Costituzione Repubblicana e non ulteriore occasione di profitto per pochi soggetti privati.

19 febbraio 2018

Il Presidente                                                                              Il Presidente del Gruppo

ISDE ITALIA                                                                             Energia per l’Italia

Dott. Roberto Romizi                                                               Prof. Vincenzo Balzani

Da isde.it

 

Nuova legge forestale: un assalto ai boschi italiani?

Gian Luca Gasca

18 febbraio 2018

 

 

È attualmente all’esame della Commissione Parlamentare per la Semplificazione il Decreto Legislativo relativo al Testo Unico Forestale approvato dal Consiglio dei Ministri il 1 dicembre 2017. Decreto che nasce dalla volontà di aggiornare la normativa nazionale in materia di foreste e filiere produttive.

Non tutti sono però concordi con quanto scritto in queste pagine di legge, alcuni le ritengono un “assalto ai boschi italiani”o ancora affermano “che questo decreto è contro la costituzione e i diritti fondamentali dell’uomo”.  Tra questi il professor Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte Costituzionale; il professor Gianluca Piovesan, ordinario di selvicoltura e assestamento forestale dell’Università della Tuscia; e ancora il professor Bartolomeo Schirone, professore ordinario di selvicoltura dell’Università della Tuscia, che abbiamo avuto modo di intervistare per farci raccontare il suo punto di vista su questa legge forestale.

Qual è secondo lei l’obiettivo della nuova legge forestale?

Credo che si voglia tornare, come afferma la stessa legge, a fare una gestione attiva dei boschi. Ovvero al taglio dei boschi. Una gestione che non sarebbe del tutto negativa perché è sempre necessario considerare gli aspetti produttivi. Quello che però sconvolge realmente è che non ci sia alcuna zonazione. Che non si distinguano boschi di produzione e di conservazione.

Se poi si guarda più in dettaglio la legge, in particolare andando ad esaminare tutti gli articoli che la contornano, ci si rende conto che l’obiettivo fondamentale è la possibilità di recuperare biomasse. Non si tratta quindi, come afferma la legge, di produzione legnosa per cui, tra l’altro, non ci sono nemmeno le filiere. Si tratterebbe di destinare la maggior parte del materiale recuperato alle stufe, alle biomasse.

Per lei quindi questa è una legge troppo generica e mancante di dati specifici?

Certo e credo che il fatto che sia generica è voluto. Solo in uno degli ultimi capitoli si parla necessariamente di statistiche e dati in cui mi preoccupa non poco il discorso degli inventari forestali. Non c’è chiarezza su chi li potrebbe gestire, va chiarito e poi bisogna capire come gestirli. Se non si specifica potrebbe accadere di tutto.

Cioè?

Partiamo dal fatto che questi prima facevano capo al Corpo Forestale dello Stato, ora accorpato ai Carabinieri che, al momento, rappresentano l’autorità che li gestisce. Si può essere d’accordo o meno sul fatto che la Forestale sia stata soppressa, ma i Carabinieri rappresentano un’autorità che merita la massima fiducia e fin quando questi inventari sono in mano loro siamo certi che i dati rimarranno quelli realmente raccolti… quando cambieranno i responsabili di questi potrà però accadere qualsiasi cosa.

Esistono in Italia boschi che realmente non devono essere toccati?

Certamente. Esistono boschi che assolutamente non dovrebbero essere toccati dall’uomo perché sono antichissimi. Basti pensare alla Val Cervara con le sue foreste vetuste, oppure a tutti quei boschi che non vanno toccati per ragioni storiche o per questioni di stabilità ambientale, come nel caso di quelli sopra Sarno. Quando elimini certi presidi naturali automaticamente si innescano processi erosivi senza controllo.

È mai esistita una legge che tutelasse i boschi sotto questi punti di vista?

La legge detta Serpieri del 1923 istituiva questa categoria di boschi che, salvo casi eccezionali, non potevano essere usati o toccati perché era chiaro il problema del dissesto idrogeologico. Nella nuova legge invece si parla di cedui per protezioni idrogeologiche ed è un controsenso a livello scientifico.

Nelle vostre osservazioni parlate di “naturalizzare senza l’intervento dell’uomo”, di rewilding strategy, cosa intendente dire?

Si tratta di un processo che è cominciato all’estero, negli Stati Uniti, in Australia e in molti Paesi dell’Europa. In pratica ci si è resi conto che è necessario lasciare degli spazi alla riconquista dell’ambiente da parte della natura. È necessario farlo per ragioni strettamente ecologiche, ma anche per ragioni culturali e turistiche perché l’uomo ha bisogno del selvatico. Ritornando alla legge è facile capire che non si può portare turismo in luoghi caratterizzati da boschi cedui. Chi mai andrà a fare turismo in zone di taglio?

Per lei quindi la legge è ricca di controsensi?

Si, esatto. Un esempio eclatante è quello dell’articolo 2 in cui si parla di garantire l’estensione della foresta, in cui si promuove la foresta. Però poi si scopre che tutte quelle aree abbandonate dove il bosco sta ritornando non sono ritenute boschive, ma terreni incolti. E cosa ancor peggiore sono le aree di rimboschimento artificiale, di riforestazione, anche queste non considerate boschive. Sono escluse dalla categoria “boschi” e quando li escludi vuol dire che possono essere eliminati, che li puoi tagliare.

E questo comporterebbe…

Un danno enorme perché le arre evidenziate prima rappresentano il 40% della nostra superficie forestale attuale. Se però si scrive che possono essere eliminati allora non sei a favore del rimboschimento. Quale logica esiste se si è a favore del rimboschimento e poi si vuole tagliare?

Una battuta per quanto riguarda le forme di sostituzione della gestione e di conferimento delle superfici forestali previste per province e regioni autonome?

È una cosa abbastanza grave. Tanto per cominciare la legge afferma che si può eliminare, trasformare, il bosco in una determinata area a condizione che questo intervento venga “compensato” e, la prima cosa che si pensa e che si debba “compensare” con un rimboschimento. Cosa contemplata offrendo però anche la possibilità di “compensare” queste opere con dei servizi come l’apertura di una strada o, cosa peggiore, si può “compensare” economicamente se autorizzato dalla Regione. Soldi che loro accantoneranno in un fondo forestale.

Ancora più grave è che i boschi considerati abbandonati, terreni incolti e via dicendo, possano essere affidati alla Regione se il proprietario non interviene. A quel punto la Regione può agire affidando la responsabilità del terreno a consorzi o cooperative di giovani. In pratica se tu non tagli viene data autorizzazione a cooperative, che possono anche essere cooperative di persone non amanti della natura.

da  www.montagna.tv